Zarathusta
è oramai da tempo tornato nella sua caverna e si è tolto dalla
vista degli uomini, separandosi dai suoi cari amici. Egli ha seminato
il suo sapere e la sua saggezza, ora attende di vedere il frutto del
suo raccolto. Ma in questo momento Zarathustra è molto impaziente e
ha fretta nel dare. Ha dovuto dunque chiudere la mano per un po’ ed
è dunque tornato nella sua grotta, tormentato dal peso della sua
saggezza.
Per
prima cosa si nota una certa analogia tra il Prologo, per come è
cominciato e l’inizio del secondo libro. All’inizio dell’opera
Zarathustra era sempre nella sua grotta e si era svegliato al sorgere
del sole. Prima però, sostiene Lampert, Zarathustra ha passato dieci
anni nella solitudine felice, ora è invece tormentato. È tormentato
dalle persone che ama, i suoi discepoli, i quali hanno bisogno della
sua assenza. Egli si sveglia non proprio all’alba, ma nell’oscurità
prima dell’alba. In quel momento, come vedremo, si è svegliato
perché tormentato da un incubo.
Ci
sono qui molti riferimenti chiaramente all’ultimo capitolo del
primo libro: quello sulla virtù che dona. Per un certo periodo
Zarathustra ha ritenuto necessario ritirarsi, non donare più. Aveva
chiesto ai suoi discepoli di negarlo, di rinnegare il suo pensiero e
il sogno, come vedremo, confermerà tutto questo.
Un
giorno Zarathustra si sveglia prima dell’aurora in preda ad uno dei
suoi tormenti. Si ricorda di aver fatto un sogno. In questo sogno
c’era un bambino e questo bambino gli aveva chiesto di guardarsi
allo specchio. Quando Zarathustra ha visto il suo volto nello
specchio ha incominciato a gridare, perché nello specchio non c’era
lui, ma un ghigno di un demone. In quel momento Zarathustra comprende
il senso del sogno: l’erbaccia vuole spacciarsi per grano, egli
dice. Il sogno gli dice che la dottrina sua è in pericolo e che i
suoi nemici l’hanno deformata. Zarathustra vuole tornare dai suoi
amici e portare nuovi doni. Già il serpente e l’aquila, i suoi
animali, sono lì che lo aspettano.
Nel
primo passaggio del Prologo si parla del tramonto e della volontà di
tramontare di Zarathustra. Ora, invece, si parla di aurora. Questo
sogno è molto interessante: un bambino gli porge uno specchio, lo
strumento del diavolo secondo i cristiani; nello specchio vede
proprio il ghigno del demonio, non la sua faccia; Zarathustra
sostiene di aver capito il senso del sogno, ossia che la sua dottrina
è stata deformata, proprio come quello specchio ha deformato il suo
volto in un ghigno demoniaco. Per ultimo sono da sottolineare gli animali
mitici di Zarathustra che sono già lì pronti per portarlo nel suo
viaggio. Il serpente, l’animale terrestre e l’aquila, l’animale
del cielo.
Secondo
Lampert il sogno di Zarathustra significa questo: nell’ultimo
capitolo del primo libro, Zarathustra aveva proprio chiesto ai suoi
discepoli di rinnegare la sua dottrina, ora può constatare che ciò
è effettivamente avvenuto e che la sua dottrina è stata deformata.
Inoltre Lampert fa notare che il fanciullo o bambino deve riferirsi
proprio alle tre metamorfosi, segno che i suoi discepoli hanno subito
l’ultima delle prime tre trasformazioni annunciate.
Secondo
Strauss il demone dello specchio rappresenta nel sogno quel che hanno
fatto i nemici di Zarathustra con la sua dottrina.
Anche
Jung, da buon psicoanalista, si cimenta nell’interpretazione del
sogno. Secondo Jung il bambino è ciò che mostra la verità, la
verità è nello specchio: il demonio. Lo specchio è la mente del
bambino. Jung sostiene anche che è possibile che Nietzsche abbia
fatto proprio questo sogno e per capire meglio questo capitolo, pensa
che bisogna approfondire la pausa di Nietzsche dalla fine del primo
libro all’inizio del secondo. L’evento che può aver scosso
Nietzsche in quel periodo è la morte di Wagner.
Zarathustra
non si sente più lo stesso, si sente trasformato. Ora lui è un
torrente che vuole discendere dal monte per tutte le valli fino al
mare, fino alle isole beate dove stanno i suoi amici. Lui è la
tempesta, la grandine e i suoi nemici devono credere che il Maligno
si è scatenato contro di loro. La sua saggezza, paragonata ad una
leonessa, ha dato un nuovo frutto e questo frutto intende portarlo di
nuovo agli amici, nel loro cuore. Ma prima dovrà affrontare i
deserti e i suoi nemici con la lancia. Questa è la nuova avventura
di Zarathustra.
Si
noti il riferimento al Maligno che rimanda sicuramente alla scena del
sogno. Zarathustra, dunque, nel sogno vive anche una forma di
identificazione permessa dallo specchio: io sono il Diavolo. Si noti
anche come Lampert riconosce nel diavolo qui menzionato lo spirito di
gravità a cui più volte Zarathustra allude. Ma Jung ci dice
qualcosa di più interessante: il Diavolo in questo caso è Wotan.
Zarathustra è il dio del vento che soffia contro i suoi nemici.
Anche
qui Zarathustra, rispetto al Prologo, è di nuovo trasformato, ha una
seconda trasformazione. Questa volta, è diversa dalla prima: non è
un tramonto, ma una aurora; non va alla cieca, ma sa che ha degli
amici a cui dare il suo messaggio; ci sono dei nemici che potrebbero
tendergli agguati, forse anche peggio del pagliaccio del Prologo; lui
è ora preparato al mondo, ossia ha imparato la lezione delle risate
della folla.
Il
frutto della saggezza, rappresentata dalla leonessa, è nell’immagine
un cucciolo di leone. Quindi la leonessa intende portare con sé ciò
che ha di più prezioso: suo figlio. Questa mossa è il ritorno di
Zarathustra ai suoi vecchi discepoli: ora deve cercare gli smarriti,
come aveva promesso l’ultima volta.
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