In
queste lezioni appunto si vuole presentare in un certo senso una
nuova prospettiva sulla storia filosofica, quindi appaiono come nuove
e lo sono davvero se si considera appunto il modo in cui sono
costruite e la lettura che si da alla storia del pensiero. Volevo per
così dire esternalizzare qualcosa che in parte tenevo per, ma anche
si trova nei miei scritti, solo che ora diventa storia sistematica.
Il punto era partire da una nuova impostazione, ma prima di tutto
partendo dai problemi fondamentali che possono essere visti prima
come generali e poi anche come meri particolari, questo è in effetti
il passaggio che si vuole compiere qui in effetti, perché qua si
cerca di capire come tutto quello che si diceva prima nella sua
astrattezza sia applicabile ad una cosa come la conoscenza. Si tratta
di riprendere il modello di prima, ponendo prima quella che è la
versione della filosofia che si pone i problemi sull'originario,
quindi parliamo appunto di un adattamento delle tre domande che si
evidenziavano sopra alla questione più particolare della conoscenza.
Le domande diventano:
che
cos'è la conoscenza?
da
dove viene la conoscenza? quali sono le sue fonti?
verso
dove va la conoscenza? il suo fine qual'è?
che
cos'è la conoscenza? questa domanda è quella domanda che chiede
sull'essere della conoscenza, ma appunto è un atto che interroga se
stesso, nel senso che conoscere la conoscenza è una forma di
conoscenza, quindi c'è un auto rivolgersi, esattamente come quando
mi chiedo chi sono io, perché in quel caso non faccio altro che
chiedere del mio essere, ma sono io che lo chiedo. Da dove viene la
conoscenza? questa domanda interroga sui dati che ricevo dai sensi
per esempio, che io non so di per sé cosa sia quella cosa che
chiamiamo natura o mondo sensibile, devo chiedermi come sia, se sia
come lo vedo o se sia altro da come lo vedo, che tipo di
caratteristiche abbia. E poi: verso dove va la mia conoscenza? ovvero
se alla fine del tutto questa conoscenza serva a qualcosa davvero,
se abbia un suo senso, quindi un fine. Il punto è però che ci sono
due tipi di conoscenza, nel senso della conoscenza sul mondo esterno,
lasciando perdere quelle del mondo interno, che sono appunto quella
sensibile e quella che forse potrebbe essere detta tecnica e che in
effetti potremmo chiamare provvisoriamente così. Perché le cose
potrebbero forse in certi modelli coincidere o comunque in qualche
modo essere pensate in altro modo, però in altro caso devono essere
distinte. Se la conoscenza sensibile sembra passiva, nel senso
dell'oggetto che ci viene semplicemente dato per quello che è, così
come appare e i sensi non hanno colpa, perché così lo ricevono,
mentre la conoscenza tecnica in realtà è un applicare conoscenza,
che potrebbe essere un matematizzare e geometrizzare, all'oggetto
visto o percepito, di modo che se ne possa realmente disporre. Vedete
io prendo un sasso in mano, non so che sasso sia, non so che
proprietà abbia, non sono certo geologo, ma potrei non sapere nulla
di sassi, allora probabilmente io quel sasso lo butto senza sapere
cosa farmene. Però l'uomo in realtà di cose ne ha imparate sui
sassi, forse anche per l'esperienza, sa per esempio che si possono
usare come armi, se li lanci in testa a qualcuno faranno male, se li
levighi e li fai appuntiti possono essere punte per lance, con i
sassi o certi sassi e pietre si può accendere il fuoco. L'uomo
dispone davvero degli oggetti di cui ha conoscenza, perché in questo
senso sa come usarli, in altro caso non saprebbe proprio cosa
farsene, quindi ne avrebbe solo percezione sensibile, ma nulla più.
Comunque non ha senso dilungarci su questa cosa, perché conviene
invece spiegare che tipo di relazione con l'originario abbiano queste
cose, come invece potrebbe essere superato. Intanto, partendo dalla
conoscenza sensibile, noi sappiamo di per sé che c'è una relazione
tra un soggetto e un oggetto, questi prima di Kant erano detti in sé,
ora però cosa sono questi due termini? il primo è molto
problematico perché in realtà sfugge spesso alla comprensione e
diventa quasi inutile se si nota che non è oggetto di nessuna delle
tre domande di cui si parlava prima, perché è oggetto del chi sono
io, ma anche determinandomi come io conoscente, quando chiedo cosa
sia la conoscenza, in realtà parlo di un evento e al più mi
riferisco a quella che deve essere una caratteristica dell'io. Invece
l'oggetto è proprio la risposta alla domanda da dove viene la
conoscenza, che poi potrebbe essere anche il mondo o la realtà
esterna, mentre appunto l'oggetto è solo una parte, diciamo una
parte tagliata e segmentata della totalità del mondo. Quindi
lasciando da parte la questione del soggetto, che appunto non essendo
oggetto delle domande non ci interessa al momento, passiamo
all'oggetto identificato come originario della conoscenza. Però
anche qui sorge un punto, ovvero se l'oggetto sia un dato
indipendente oppure se per esempio sia costruito da noi stessi. Io
posso pensare che l'oggetto esista realmente nel mondo esterno, altra
questione è sia come lo vedo o meno, perché potrebbe essere
diverso, ma se sostengo una o l'altra tesi, cambia l'originario. La
fisica quantistica ci cambia gli originari, perché i reali oggetti
sono diversi, ma al di là di questo, c'è una posizione che invece
pensa l'oggetto non tanto come cosa esterna, ma se mai come nostra
costruzione, per esempio una posizione come quella di Hegel, la dove
la realtà è sempre mediata dalle nostre forme conoscitive. In ogni
caso si deve fare ancora un'altra distinzione, ovvero quelli che
pensano che la percezione sia solo contemplazione e quelli che
pensano sia invece una forma di agire. Nel primo caso tutto si fa
molto semplice, ci sono dei dati che sembrano partire dall'esterno e
che arrivano ai sensi.
S ←
O1
Quindi
appunto l'oggetto che influisce sul soggetto;
poi però c'è un rielaborare e proiettare l'immagine come un fuori
di sé.
S
→O2
Il
punto è questo : O1 = O2 ? nel senso, l'oggetto da cui prendo dati è
uguale a quello che io come soggetto ricreo? in questo caso potrei,
intanto far notare come questo modello assomigli a quello di Hobbes,
quando appunto parla del fantasma come rappresentazione del mondo
sensibile, dove appunto ricevo dei dati, questi arrivano al cervello
e poi una controforza rispetto alla prima, che è il movimento dei
dati, praticamente proietta questo fantasma. Io posso fare il
realista classico e pensare che O1 sia in effetti del tutto uguale a
O2, in altro caso se credo che non siano uguali ci sono due soluzioni
che si sono presentate, ovvero posso pensare che tra S e O1 ci sia un
G di mezzo che modifica il dati originari e alla fine arrivandomi dei
dati modificati io poi proietto un'immagine sbagliata. Il G possono
essere per esempio quei famosi computer dell'esperimento mentale di
Hilary Puttnam, dove appunto quei cervelli nella vasca sono
agenti passivi che ricevono dati da dei computer, nulla è reale,
anzi in questo caso non c'è nemmeno bisogno dell'oggetto.
S←
G ← O1
C'è
poi un altro modo di vedere le cose, che è quello di pensare che O2
sia una costruzione del soggetto, perché vedete in questa
concezione, non si pensa che il soggetto sia semplicemente passivo
nel suo atto di ricevere e proiettare,
ma appunto sia del tutto attivo, che intervenga con le sue forme
della conoscenza, quindi quei principi a priori dell'intelletto e
cioè le categorie, per esempio: se vedo quattro mele, il quattro
delle mele o la consapevolezza di questa quantità è una sintesi
attiva dell'intelletto. In
questo caso come nel primo O1 non è O2.
Bergson
sostiene che il problema dei filosofi fino ad adesso nel caso della
percezione sia stato che hanno concepito la percezione solo come
contemplazione e non come azione, perché percepire in realtà agire,
se io voglio vedere qualcosa dietro di me mi devo voltare,
se voglio sentire che questo vestito è liscio, devo toccarlo, ma
comunque devo agire e non ho altra scelta. A questo punto si
complicano le cose, perché si deve introdurre il momento
dell'azione.
azione
S
→ O1
ricezione
S
← O2
proiezione
S
→ O3
Il
che pone una altro problema : O1 = O2 ? non proprio perché O1 è in
qualche modo un in sé che però riflette un possibile, in
particolare l'azione su di esso e i dati possibili, ma l'altro in
effetti è lo stesso del primo in fondo.
A
questo punto, per il momento si può dire che la conoscenza tecnica è
un attivo sull'oggetto da parte del soggetto che ridetermina
l'oggetto come per la conoscenza.
Il
soggetto è un po' diverso perché è un soggetto che ha un certo
sapere, quindi poi potere sull'oggetto.
Diciamo tanto per anticipare una cosa che le
filosofie non dell'originario, che cercano di superare e trovare
altre soluzione eliminano il dualismo oggetto e soggetto, partono
dall'evento della conoscenza, preso come in sé e non lo considerano
come mera relazione.
Altri post correlati:
lezione II: Due filosofie sull'originario
lezione IV: l'essere della conoscenza
Altri post correlati:
lezione II: Due filosofie sull'originario
lezione IV: l'essere della conoscenza